New York

                                                                           Ho trascorso la Pasqua del 2014 a New York insieme a mio figlio Ruggero.

Il viaggio è stato fantastico. Nulla è andato storto. Dalle lunghe ore trascorse in aereo, all’albergo, poi alla casa dell’amica che ci ha ospitato,le lunghe passeggiate per Manhattan, le visite ai musei, gli scatti a centinaia sugli aspetti vari e curiosi della vita cittadina.

Tanti momenti indimenticabili: la visita alla Columbia con il professor Ottavio Arancio, la partita a Brooklyn fra i Nets e i Raptors di Toronto soprattutto per la cornice di pubblico (entrambe le squadre erano a fine campionato e non in grande forma)  , lo spettacolo a Broadway con Bryan Cranston, le cene selezionate fra le tante offerte dalle le cucine del mondo presenti  in città.

Se dovessi mettere a fuco un solo momento dei tanti giorni trascorsi in America sceglierei la domenica di Pasqua ad Harlem. Abbiamo provato a seguire una cerimonia religiosa. Ne avevo letto e sapevo quanto fossero suggestive e anche molto diverse da quelle a cui siamo abituati . Tutte le chiese però erano stracolme di gente. In alcune addirittura l’accesso era vietato per ragioni di sicurezza. Eravamo quasi sul punto di desistere  quando in una via secondaria abbiamo incrociato alcune signore nere dai vestiti e cappelli color pastello che salivano i gradini di un edificio quasi anonimo. Le abbiamo seguite e ci siamo ritrovati in una piccola chiesa, luminosa. Il coro intonava brani  blues e spiritual.

Eravamo in pochi e non volevamo andar via prima della conclusione, incuriositi anche dal rito così diverso da quello latino. Abbiamo preso posto in fondo alla sala. Il celebrante, un bell’uomo alto con una voce tenorile ci ha notato e interrompendo la cerimonia  ha chiesto da dove venissimo. Alla risposta di Ruggero i fedeli si sono alzati e  ci hanno raggiunto per stringerci la mano e darci il benvenuto. Un’emozione grandissima che si è ripetuta alla fine dell’incontro quando i sacerdoti e le loro mogli alla porta hanno augurato a tutti e a noi con un calore particolare “Happy Easter”. Una giornata speciale che ha avuto in serbo altre emozioni come il pranzo al Red Rooster, con gli standard jazz del gruppo di ultrasettantenni che intratteneva con una grazia insuperabile i clienti in attesa di un tavolo in una domenica di festa sotto il sole di Harlem.

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