Torino. Qui ho cominciato a imparare ( e non ho mai smesso!)

Nel 1980 partecipai alla selezione per la borsa di studio in Rai. Vinsi una delle trenta borse del secondo concorso e scelsi come prima sede Torino. Lì, all’epoca, lavorava mio fratello e trovai facilmente sistemazione.Erano gli anni del terrorismo. Arrivai in Piemonte in inverno. Cielo basso e plumbeo come il clima che si respirava nel paese. Freddo che entrava nelle ossa . Quasi insopportabile. La redazione mi accolse con un “abbraccio meridionale”. Mi coccolavano. Uno dei componenti del Cdr (Comitato di redazione, la rappresentanza sindacale dei giornalisti) mi presentò a colleghi e tecnici. Mi consegnarono un blocco di tagliandi per la mensa, e un pass per andare allo stadio (mai viste tante partite come in quei mesi). Ho ancora delle foto ravvicinate di Dino Zoff che mi urla contro. Ero tanto contento di essere lì , da essere entrato in campo senza accorgermene mentre l’arbitro fischiava l’inizio della gara. Mi diedero anche un permesso per frequentare gli studi dove si giravano fiction e per seguire i concerti della grande orchestra della Rai. Il caporedattore a Torino era Federico Scianò, origini siciliane, un gentiluomo straordinario, un professionista di spessore, un’umanità commovente. Lo ricordo ancora con immenso affetto. Il suo vice era Carcano, un comunista  arguto e ironico. Poi c’erano Luigi  socialista meridionale, Paolo, un democristianino piccolo dall’incarnato chiarissimo, Mario , pancia prominente, atteggiamento da parroco di campagna che la sa lunga e sa che prima o poi diventerà vescovo. Orlando, il bello della tv, Santo della Volpe, precario informatore di cronaca giudiziaria,Corradino Mineo, cronista della redazione economico-sindacale, destinato a grandi successi professionali. Tanti  tecnici, segretarie,operatori (fra tutti Giorgio Mensi) ,giornalisti fortemente impegnati nel lavoro con spirito da servizio pubblico. In redazione fui affidato a un anziano caposervizio, Guido Leoni, che mi instradò al mestiere. Allora scrivevo con la stilografica, non sapevo usare la macchina da scrivere. Imparai lì a battere con due dita. Qualche anno dopo raggiungevo la velocità di un dattilografo diplomato , ma sempre con indici e talvolta medio e pollice, accumulando inevitabilmente errori di battitura. Leoni fu paziente. Correggeva le notiziole che mi venivano affidate e presto appresi le regole del mestiere. Lo dico sempre agli amici e agli allievi che per quasi dieci anni ho avuto all’università: l’abc della professione si impara in pochi mesi. Poi si può, se si vuole, migliorare lo stile,la ricerca delle fonti, specializzarsi (io lo feci in cronaca giudiziaria),migliorare dizione (ma senza esagerare e non impostare una voce “falsa”), destreggiarsi fra “polpette avvelenate” e consigli troppo spesso interessati. Resistere alle lusinghe di un lavoro che ti da notorietà e può farti perdere la giusta distanza dalla realtà delle cose e dalle cose fondamentali della tua esistenza.

(1. continua)

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